
Claudia Pavone era una splendida Micaëla. Dotata di una qualità vocale di accattivante bellezza, si librò con sicurezza e senza intoppi nel registro superiore e calorosamente in quello inferiore. La sua esibizione è stata raffinata e commovente.

Un’altra italiana che ha fatto il suo debutto con la compagnia è stata il soprano Claudia Pavone nel ruolo di Micaëla. Una voce fantastica con eccellenti capacità di recitazione, sembra strano collocare un talento così magnifico in un ruolo più piccolo, ma forse potrebbe essere usato come prova per ruoli più grandi in futuro. Certamente si è dimostrata bene, mostrando una grande comprensione del personaggio con la dimensione aggiunta dello sviluppo di cui molti altri non si sono preoccupati in passato. Cominciando da piccola innocente ragazza di campagna vittima di bullismo da parte dei soldati, diventa una donna forte decisa, anche se alla fine non riesce a trascinare Don José lontano dalla vita criminale. Questa potrebbe essere stata l'influenza esperta del regista John Bell o della sua interpretazione. Ad ogni modo il pubblico l'ha adorata.

La star della serata è stata la nostra soprano italiana Claudia Pavone, come Micaela il primo amore di Don Jose. La sua voce era meravigliosa mentre supplicava Don Jose di tornare dalla madre malata.

Come Micaela, Claudia Pavone ha cantato con una voce di grande attrattiva naturale, ragguardevole purezza e franchezza di timbro. Ha modellato le sue scene con riservatezza e equilibrio discreto.

Diciamo subito che Claudia Pavone ha già la maturità per affrontare questo ruolo impervio: non a caso nel 2015 fu scelta da Riccardo Muti per una rappresentazione in forma di concerto a Ravenna, e la lezione di un tale coach è evidente nella consapevolezza del significato teatrale di ogni nota e di ogni parola. Solo pochi esempi: la varietà di colori e accenti nel duetto con Germont padre, I"'Amami Alfredo" esploso come un ruggito d'amore e non un saggio di belcanto, fino a dettagli come quell' E tardi", alla fine della lettura della lettera, asciutto e aspro, e non sbracato come si è sentito fare anche da tanti mostri sacri. E poi, i mezzi tecnici: una voce ricca di armonici, potente nell'acuto e rapinosa in certe mezze voci da brividi. Una prova davvero da incorniciare.

Bravissima Claudia Pavone nel disegnare una Gilda scenicamente a metà strada fra adolescente e donna, non più l’una ma non compiutamente l’altra, che si esprime con la rigogliosità di un registro centrale capace però di salire ad acuti e sopracuti senza perdere di sostanza, e in grado di piegarsi a mezzevoci e pianissimi di bell’effetto drammatico.

Piacevolissima sorpresa è stata anche la Gilda di Claudia Pavone, sostenuta da una tecnica di ferro perfettamente padroneggiata e da una dote naturale che le dona un bellissimo timbro vellutato e un volume di tutto rispetto ha delineato una Gilda mai piatta o noiosa, ci sono le agilità, il fraseggio e c’è la potenza drammatica, ha espresso i diversi stati d’animo e i turbamenti della povera figlia di Rigoletto in maniera convincente e realistica, dalle ingenuità adolescenziali del “Caro nome”, alla delusione che ha saputo trasmettere in maniera convincente e per questo dolorosa, alla pace inquietante della morte quando questa regia la fa apparire già rassegnato spettro al cospetto di suo padre nel finale.

La soprano italienne Claudia Pavone (Adalgisa de rêve la saison passée à l’Opéra de Rennes) se situe à la même hauteur que ses partenaires, prêtant à Gilda sa jeunesse et la beauté de son chant. Sans rien de l’oiseau mécanique que l’on nous propose trop souvent, sa Gilda se situe dans le droit fil de la tradition belcantiste, tant dans la précision des attaques que dans la variété de l’ornementation. Elle délivre notamment un éblouissant « Caro nome », salué par une salve d’applaudissements de la part du public.

Perfetta, nella sua liliale purezza di voce e d’intenzione, la Gilda di Claudia Pavone: il timbro è luminoso e omogeneo, il volume sufficientemente ampio, le agilità sono sgranate con sicurezza, le melodie rifinite con gusto e grazia. Come voluto dal regista, la sua Gilda non è una bambina capricciosa, ma un’adolescente che sa quel che vuole.

Lo ammetto, ogni volta che incontro Claudia Pavone ne rimango conquistato. E’ bella, si mangia il palco e sa cantare: intonatissima, precisa, musicale, manovra il fiato come se fosse una manopola per l’aria, eccetera eccetera. La Pavone è brava-bravissima, la voce è sana e fresca: corre in sala, svetta con facilità nell’ottava acuta e soprattutto, last but not least, esce dalla bocca di una signora musicista che sa fraseggiare e che non sgarra una nota neanche a pagarla. Applausi.

La ricetta è il mio visino, in quest’occhi è l’elisir”, canta Adina prima dell’ottava scena de L’Elisir d’amore, e le astute parole risultano assolutamente veritiere quando pronunciate da Claudia Pavone. Peccato che il librettista Romani non abbia aggiunto tra gli ingredienti del magico estratto anche la voce, poiché è essa, aggiunta alle evidenti grazie del soprano, a farne dal punto di vista vocale la protagonista assoluta dell’allestimento del capolavoro donizettiano realizzato da Nausica Opera International, di scena al Teatro Verdi di Trieste fino al 23 marzo. La Pavone è, in poche parole, tutto quello che una Adina dovrebbe essere dal punto di vista canoro e scenico. Un timbro piacevole in tutte le tessiture, l’esemplare controllo dell’emissione, l’agilità fluente e priva di alcun apparente sforzo, gli acuti sicuri e cristallini ed il fraseggio accurato e reso con fine musicalità, si abbinano alla spigliatezza e alla tempra di un’attrice provetta.

Dei tre ruoli principali, la più convincente è stata la Gilda di Claudia Pavone, elegante, con una vocalità senza sbavature, autentica nella sua resa della figlia del buffone.

"Oh, come son mutata" dice attonita Violetta guardando il fazzoletto imbrattato di sangue che stringe in mano. È il terzo atto e dopo un’ottima lettera – quanti soprani inciampano nella prosa! – Claudia Pavone indovina il momento più intenso della Traviata in scena al Verdi di Pordenone, allestimento fresco di laboratorio dell'omonimo teatro triestino, dove ha chiuso la stagione pochi mesi fa. Claudia Pavone è una Violetta più che convincente. La voce è leggera ma penetrante e corre bene in sala ad alta quota come in basso, le note ci sono tutte e sembrano anche piuttosto facili, ma soprattutto c’è Violetta. Le si crede; a quello che dice, a come si muove, alla figura nel complesso.

The principal roles were undertaken by three accomplished singers, all of whom made excellent contributions. Violetta was interpreted by the soprano, Claudia Pavone. Her voice is strong across the range with a colorful pallet, which she used to good effect in delivering an emotionally expressive and passionate performance. In the opening to the duet “Ma se tornado non m’hai salvato” Violetta reflects upon her coming death, and upon the happiness she wanted so much, which is now so close, but that she will never see. Pavone produced an intense rendition in which she displayed her voice’s marvelous flexibility, evidenced by its colorful and dynamic contrasts, which she overlaid with impassioned inflections. Throughout Acts two and three she produced a consistently emotionally charged reading, and if she occasionally lacked a certain amount of beauty it was a price worth paying. In Act one, however, she was less effective – she appears to be more at ease in the heavy emotional scenes. In the opening party scene she sang well, but never managed to fully engage with the character. “Sempre libera” displayed her technically proficient coloratura, but the cabaletta lacked the necessary radiance and vitality. Overall, this was a compelling performance, one which highlighted Pavone’s skills as a singing-actress, and her ability to enter into the emotional heart of a character.

Avevamo ascoltato Claudia Pavone nel ruolo di Violetta per OperaLombardia e già allora ne avevamo rilevato la capacità di rendere particolarmente credibile la ragazza frivola e spensierata. La ritroviamo un anno e mezzo dopo circa come un’interprete ancora più matura che pur con una voce delicata è stata in grado di rendere al meglio anche l’evoluzione alla tragedia del suo personaggio.

Sur ce terrain, il est rejoint par Claudia Pavone, laquelle, servie par une voix fort bien dominée, propose une Adalgisa, sensible, fragile mais d’une grande force d’âme.

Sa compatriote Claudia Pavone (Adalgisa) lui vole ainsi la vedette grâce à ses nombreux atouts : un timbre diapré, un grave d’une belle rondeur, une superbe agilité dans les vocalises, et une noblesse d’émission qui lui permet de livrer un chant de filiation néoclassique en parfait accord avec le concept de mise en scène. Et puis avec sa voix de soprano (et non de mezzo), cette heureuse découverte marque un retour à la véritable vocalita du rôle, telle que la voulait Vincenzo Bellini, et cela nous change des voix trop lourdes bien souvent entendues dans cet emploi.

Mirabilmente resa dai piani tonali, struggente nei contrasti tra le frivolezze e la passione e gli spasimi mortali, la storia, grazie soprattutto alla bella voce della convincente Claudia Pavone, mantiene la forza e la suggestione di una vicenda dove l’amore, grande protagonista, è eternamente “croce e delizia dell’universo intero”.
Claudia Pavone ha una eleganza di tratto e una duttilità canora perfettamente confacenti alla figura romantica, appassionata e liricamente ispirata della Violetta verdiana. Il suo canto è melodicamente levigato con punte di phatos, lirico e sentimentale, veramente toccanti.

Teatro sold out e palchi gremiti non soltanto per la prima, ma anche per la replica del 17 marzo che, all’apertura del sipario, ha mostrato sul centro della scena la protagonista, Claudia Pavone, che sin dalle prime battute si è guadagnata il titolo di miglior voce e presenza scenica di tutto lo spettacolo, applauditissima durante tutti e tre li atti…. Standing ovation per la Violetta di Claudia Pavone.

Brava Claudia Pavone nel tratteggiare una Gilda fragile, ma non remissiva. Bellissima la voce, limpida, cristallina, che si eleva nella zona superiore con straordinaria naturalezza; notevole la cura delle dinamiche, le mezze voci risultano solide e piene, il legato davvero curato.